Diario I secoli bui 998

Da Miniature Fantasy.

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martedì 01 novembre 998

L'imperatore del Sacro Romano Impero Ottone III di Sassonia, dopo la morte del precedente pontefice Giovanni XV, ha da poco proclamato Papa con il nome di Gregorio V il suo confessore e cugino Bruno di Carinzia. L'europa sta vivendo un periodo di pace, tranne a oriente. Un gruppo di frati benedettini è stato incaricato dal vescovo di Ratisbona di scortare insieme ad alcuni uomini d'arme due ecclesiastici (il capo della delegazione padre Gudman e il suo braccio destro padre Drogo) che hanno il compito di portare la parola del Signore nelle terre magiare, convertendo alla fede la popolazione.

Dalle pagine di un diario dell'epoca tenuto da un non meglio identificato frate benedettino:

Martedì 1 novembre. Il nostro gruppo è partito ormai da una settimana e stiamo per arrivare all'avamposto di Laa, l'ultimo forte prima di inoltrarci nei territori ungheresi. Il viaggio è stato tranquillo e piacevole. Ieri fratello Gudman, insieme a fratel Drogo e ai monaci guerrieri ci ha preceduto in avanscoperta guadando il ruscello Zaja e lasciando indietro noialtri benedettini con due muli e parte dell'equipaggiamento e delle provviste. Abbiamo deciso di sostare appena guadato il corso d'acqua, un buon posto per riposare le membra stanche, soprattutto quelle dei nostri fratelli più anziani che stanno iniziando a provare le fatiche del cammino. Ci riuniremo a frate Gudman domani, presso il villaggio locato più avanti nel tragitto. Abbiamo predisposto dei turni di veglia e preghiera anche per assicurare agli altri un sonno tranquillo. Poco dopo il tramonto, durante il turno di fratello Barnaba, si è sentito l'ululato di un branco di lupi, cosa non insolita in queste lande. Poco dopo dalla boscaglia si è udito un gran trambusto e un monaco appiedato, sporco e insanguinato ha attraversato di corsa il nostro campo inseguito dappresso a cavallo da uno dei nostri monaci guerrieri che brandiva una mazza da guerra. Barbaba ha svegliato gli altri e montato in groppa a uno dei due muli, accompagnato dal giovanissimo frate stalliere Gervasio ha inseguito i due fino al ruscello. Qui hanno udito il rumore di qualcuno in fuga nell'acqua al guado, mentre il monaco guerriero giaceva a terra con la testa in un lago di sangue e il suo cavallo che fuggiva spaventato. Poco prima di spirare e rendere l'anima a Nostro Signore, con l'ultimo fiato concessogli ha sussurrato: "Tutti morti tranne Gudman... tutto finito..." per poi continuare a pronunciare con la bocca insanguinata una sorta di nenia o cantilena in una lingua incomprensibile alle orecchie dei due nostri confratelli. Dopo che il pover'uomo è stato portato al campo a dorso di mulo lo abbiamo spogliato delle armi per portarlo con noi fino al villaggio e dargli cristiana sepoltura. Nel pugno stringeva ancora una strana pietra nera con sopra incise delle rune incomprensibili anche ai nostri fratelli più anziani ed eruditi. Il resto della notte è passato nella pace del Signore.

mercoledì 02 novembre 998

Un nuovo giorno il Signore ci ha concesso, lo ringraziamo per questo. Dopo le preghiere del mattino, appena dopo aver intrapreso la marcia, odiamo un urlo provenire dal ruscello. Accorriamo prestamente e vediamo Ucbaldo, il nostro fratello più anziano e saggio, che giace al suolo in preda a convulsioni. Riusciamo a malapena a farlo salire sul mulo per intraprendere il cammino, è sconvolto e farfuglia parole incomprensibili. Proseguiamo verso il villaggio, luogo dell'appuntamento con il gruppo che ci ha preceduto. Appena giunti nelle vicinanze ci rendiamo conto che qualcosa non va. Gli edifici sono stati incendiati, ma non di recente. Vediamo un lupo che si sta cibando di un cadavere umano. La bestia ci guarda stranamente negli occhi, sostenendo il nostro sguardo, poi fugge al nostro approssimarsi armati di mazze. Il cadavere ha il ventre scoppiato. Nei paraggi ci sono anche i poveri resti dei nostri fratelli votati alle armi, che riconosciamo dall'abbigliamento perché tutti privi della testa, che è stata mozzata di netto ed è mancante. Qui c'è lo zampino dell'antico nemico, il Demonio. Giunti al forte notiamo che è pieno di croci, usate da queste popolazioni anche come simboli beneauguranti. Ma sta succedendo qualcosa... c'è un assembramento di persone e dei soldati stanno estraendo dal fiume un cadavere, che riconosciamo come quello di frate Drogo. Ci avviciniamo e siamo ammessi all'interno dell'area fortificata. Il cadavere è effettivamente di Drogo, ma nessuno del luogo lo conosce. Menech rivela di conoscerlo al capitano della guardia e racconta anche dei cadaveri rinvenuti poco prima ad Asparn. Così questi accetta di condurci al cospetto del lord di questi luoghi, che si chiama Brandt. Nel frattempo Ucbaldo rinviene, ma è ancora molto scosso e rimane reticente sull'accaduto. Ci accoglie assiso su un trono decorato con pelli di lupo, alle sue spalle festoni di armi esotiche che ci racconta essere trofei di guerra strappati ai nemici magiari. Sulle prime non sembra credere alla nostra storia, così Oddone gli consegna una lettera di presentazione del vescovo di Ratisbona che convince il vecchio guerriero ad offrirci aiuto e ospitalità. Ci invita a cena presentandoci anche al curato del villaggio, Zutto e una vecchia signora che sta lavorando a maglia. Mentre parliamo apprendiamo che il villaggio di Asparn è stato attaccato e bruciato circa tre anni prima dai magiari. Lord Brandt dice di non aver mai visto i missionari scomparsi e ci suggerisce di chiedere ai religiosi dell'eremo vicino all'insediamento. Mentre ci racconta degli usi barbari dei magiari, che secondo lui userebbero i bambini per sacrifici immondi, odiamo un urlo straziante che potrebbe provenire da gola umana ma anche bestiale, non riusciamo però a individuarne la provenienza. Cosa ancora più strana, tranne noi tutti lo ignorano come se non lo avessero udito. La serata si conclude con Hudman, il capitano della guardia, che accompagna Oddone e Ucbaldo in canonica dove passeranno la notte ospiti del sacerdote e gli altri alla taverna, dove prima di salire a dormire nei pagliericci preparati da Brun, l'avvenente e giovane figlia del taverniere, si fermano a bere vino nella sala comune approfittando per ascoltare le dicerie di un gruppo di borghesi presenti. Quest stanno parlando dei cadaveri ritrovati e fra le altre frasi captiamo la seguente: "Non c'è da temere niente finché ce l'hanno in pugno".

giovedì 03 novembre 998

Un'alba livida ci accoglie in questo giorno del Signore di fine millennio. Dopo esserci riuniti e aver recitato le orazioni del mattino Ucbaldo, che sembra essersi ripreso, durante la colazione in taverna ci racconta il suo incidente del giorno prima. Giura che quando è caduto svenuto aveva visto una figura umanoide dall'aspetto simile ad un lupo. Resta però reticente sui motivi del suo allontanamento dal gruppo. Mentre Barnaba e Reginaldo vanno a fare un giro esplorativo del villaggio andiamo da padre Zutto per esaminare come concordato il cadavere di Drogo. Ha il ventre squarciato dall'interno, mancano gli organi interni e dopo aver rimosso lo sporco Ucbaldo nota dei segni di una mano molto grande, forse munita di unghie molto lunghe, sul collo del poveretto. Dopo esserci riuniti Barnaba e Genesio fanno mente locale sugli avvenimenti di due notti prima e ricordano una parola della cantilena recitata poco prima di morire dal monaco guerriero caduto da cavallo nei pressi del ruscello. La parola è "Acris", ma nessuno ne conosce la possibile spiegazione. Decidiamo di accompagnare Brun da Danica, la bimba che abita fuori dalle mura che ha scoperto con il fratellino il cadavere di Drogo sul fiume, prima che fosse trasportato nel fossato dalla corrente. Troviamo Dragan, il fratellino che ha materialmente scoperto il cadavere mentre la sorella fuggiva spaventata, malato di malaria e in fin di vita, anche se il giorno precedente stava benissimo. La cosa è molto strana. E' presente anche un monaco eremita, Kirill, che concorda con la diagnosi di Ucbaldo. Barnaba parla con la bimba, che sembra molto impaurita, convincendola a tornare sul luogo del ritrovamento. Una volta giunti al fiume lei racconta che hanno trovato il cadavere mentre giocavano a rincorrersi. Il fratello si è avvicinato mentre lei ha avuto paura. Poi ha sentito il fratello piangere e lamentarsi ed è fuggita. Ora si incolpa della malattia del fratello. Barbaba scopre delle tracce di un uomo adulto che si avvicinano al fiume. Chiede aiuto a Genesio, molto più pratico nella ricerca delle tracce, e infatti questi riesce a seguirle per un certo tratto e rinviene anche l'impronta di una mano grande molto più del normale calcata nel fango del fiume sul luogo del ritrovamento del cadavere. Torniamo al villaggio e Ucbaldo porta con se Kirill al quale mostra la salma di Drogo, lasciandolo stupefatto. Alla sera presenziamo al funerale del nostro povero confratello, per poi andare a cena e a dormire con l'animo gonfio di preoccupazioni. Nel cuore della notte Genesio ode un rumore: è Brun che lo sveglia per avvertirlo che è successo qualcosa di grave alla famiglia di Dragan. Apprendiamo che il bimbo è scomparso. Ci svegliamo e usciamo dal villaggio per andare sul posto, lasciando dormire Oddone e Ucbaldo. I genitori del piccolo stavano dormendo quando sono stati svegliati dal freddo. La porta era aperta e il letto del figlio era vuoto. Facciamo fiutare le sue coperte ai mastini del maestro dei cani e questi seguono la traccia fino a giungere al cimitero slavo. I cani si liberano dal guinzaglio con uno strattone e si precipitano latrando all'interno, poi sentiamo dei guaiti e il silenzio. Vediamo una luce in lontananza che si avvicina: è Jan, il padre del bambino, ma sembra sconvolto e cammina come un automa, poi sussurra qualcosa e si accascia al suolo. Andiamo verso il cimitero e troviamo Kalmir, il padrone dei cani, che dice di essere caduto in una buca e di aver perso la presa sul guinzaglio, poi ha visto Jan e due movimenti in direzioni opposte. Decidiamo di tornare all'alba per seguire le tracce alla luce e non rischiare di rovinarle. Intanto la gente fuori dal cimitero accusa un non meglio precisato "Dark" che apprendiamo essere una parola che indica un demone. Mentre Jan viene portato a casa per essere accudito, Brun ci spiega che per far stare buoni i bambini di lingua tedesca viene loro raccontata la storia del cacciatore pazzo, che spaventa le persone e le porta nell'altro mondo . Torniamo ai nostri giacigli aspettando l'alba.

venerdì 04 novembre 998

Poco prima dell'alba svegliamo Oddone e Ucbaldo e mentre ci dirigiamo verso il cimitero slavo raccontiamo loro gli eventi della notte appena trascorsa. Ci mettiamo a cercare le tracce nonostante la pioggia. All'appuntamento non si presenta nessuno. Seguendo le tracce di un uomo che si addentrano nella foresta troviamo i due mastini morti, appesi a un albero a una biforcazione dei rami a circa dodici metri di altezza. Cosa molto difficile, se non impossibile, da realizzare sia da parte di bestie che di uomini, considerando anche che non ci sono appigli. Perdiamo le tracce dell'uomo. Torniamo indietro e seguiamo l'altra pista. Al punto di partenza troviamo impronte di bambino e segni di lotta. C'è del sangue su alcune pietre. Seguiamo ancora delle tracce umane, ma dopo qualche minuto perdiamo anche questa pista. Ucbaldo e Oddone intanto sono andati a casa di Jan: la bimba è stata mandata a casa dei vicini per non farla ulteriormente spaventare alla vista del padre sconvolto. Jan sta bene fisicamente, ma fissa ottusamente il soffitto. Stimolato a dovere, per un attimo si desta dal torpore soltanto per sussurrare poche parole sconnesse: "No, chi è costui? Perché? Il monaco... lui non è morto. Ero... Ditemi che non è...". Tornati al villaggio Oddone fa una chiacchierata con padre Zutto. Apprende che l'amata moglie di lord Brandt è rimasta uccisa durante l'attacco dei magiari di tre anni prima. Narra anche la storia del "cacciatore pazzo", che va dalle persone che stanno per morire per comprargli l'anima. Superstizioni e fole per bambini. Ci raduniamo tutti insieme per andare all'eremo. Durante i circa tre chilometri del cammino in salita troviamo delle case di pietra: gli abitanti confabulano fra loro vedendoci passare. All'eremo hanno fatto il voto del silenzio. Un vegliardo a gesti ci fa allontanare dalla costruzione, una volta fuori si presenta come padre Cristian. All'eremo sono in cinque e frate Kirill è il loro confratello che si occupa di curare la gente. Non è ancora tornato. Conosce padre Gudman perché hanno studiato insieme ma ultimamente non l'ha visto. Gli raccontiamo l'accaduto. Dice che i magiari sono divisi in tribù che possono saltuariamente allearsi per obiettivi comuni. Quando la moglie del lord è stata uccisa era incinta e questo ha accentuato l'odio di Brandt. Ci rivela inoltre che la torre del villaggio è stata costruita nel 975 sulle rovine di un tempio pagano slavo. Gli slavi del luogo prima di essere convertiti al cristianesimo adoravano una divinità malvagia. Inoltre il Lord ha come suo prigioniero il principe magiaro Zoldan. Oddone porta tutti i frati in chiesa a pregare, nel frattempo Barnaba e Reginaldo esplorano l'eremo. Niente di interessante tranne uno scaffale biblioteca con pochi libri. Una bibbia, alcuni documenti in lingua sconosciuta e un tomo chiuso con un sigillo di ceralacca. Poi i due escono per parlare con la gente del posto. Cristian ci dice che Kirill dovrebbe essere dai silvicoltori e ci consiglia di raggiungerlo per evitare che gli possa accadere qualcosa di male. Il vegliardo ci spiega che con la parola "Dark" viene indicato tutto ciò che è malvagio, mentre la storia del cacciatore pazzo vuole che questi cerchi di impossessarsi dell'anima delle fate del bosco. Nel caso non ci riesca prende quella di una persona a caso. Ci indica poi una fattoria dove vive una persona anziana, Dyke, che può darci informazioni sul vecchio culto degli slavi. Mentre parliamo sentiamo del movimento di sterpaglie nel bosco e Barnaba si lancia all'inseguimento. Prende l'intruso che si rivela essere un bimbo spaventato, Franz. Il piccolo dice di essersi spaventato perché ha visto le "dame bianche" nel cielo, ma non riusciamo a vedere nulla. Genesio, su ordine di Oddone, viene inviato a prendere in prestito il libro sigillato indicato da Barnaba, ma viene fatto uscire da un giovane frate. Ci incamminiamo verso i silvicoltori, ma lungo il tragitto troviamo una masseria dove i locali sono chiaramente ostili al punto da minacciarci con dei forconi. Capiamo che ci stanno urlando "andate via, figli del demonio, bastardi. Siete voi la causa del male di questi luoghi". Decidiamo di tornare al villaggio e rimandare la visita ai silvicoltori, anche perché il clima verso di noi è improvvisamente cambiato e tutta la popolazione che incontriamo ci è chiaramente ostile. Anche il fortilizio è in subbuglio. Zutto non si trova e Brun ci rivela che è stata messa in giro la voce che noi siamo la causa di tutti i mali. Fuori intanto una folla di uomini armati con attrezzi contadini si sta radunando per andare a "giustiziare" i silvicoltori, ritenuti responsabili della sparizione del bimbo al pari nostro. Decidiamo di cercare di calmarli parlandoci e con molta fatica otteniamo una tregua precaria. La folla ci racconta che è stato frate Kirill ad accusarci, salendo sulla casa di Jan per farsi udire meglio da tutti. Menech e Oddone ottengono udienza da lord Brandt, che infastidito dalle domande del primo lo butta fuori, rimanendo solo col secondo. Rivela che ha mandato un drappello dei suoi armati a prendere i silvicoltori per scortarli al villaggio ed evitare spargimenti di sangue. Nel frattempo gli altri hanno diviso i popolani in squadre per coordinare le ricerche del bimbo scomparso. E' il gruppo capeggiato da Barnaba a ritrovare il corpicino, esattamente nello stesso luogo dove sono stati rinvenuti i cadaveri dei mastini, appeso in alto sull'albero ed eviscerato dall'interno. Lo spettacolo è terribile e nonostante i tentativi di placare gli animi alcuni popolani corrono verso le dimore dei silvicoltori, ritenuti responsabili, per fare giustizia sommaria. Barnaba copre i poveri resti e torna al villaggio per conferire con Brandt. Intanto i primi 25 silvicoltori sono stati scortati all'interno delle mura, ma nessuno di loro ha visto Kirill. Oddone allora decide di tornare all'eremo insieme a Genesio e Menech. Ucbaldo esamina il bimbo e nota le stesse ferite presenti su Drogo, con la differenza che questo ha i segni di una presa molto forte sulla caviglia invece che sul collo. Oddone giunge all'eremo ma nella cella di Kirill non trova niente. Chiede informazioni sui libri in possesso dei confratelli: quello sigillato viene dall'oriente e parla di antiche religioni, poi ci sono due bibbie e pergamene che provengono dalla Siria. Ormai è buio e tutti tornano al villaggio, dove nel frattempo sono giunti anche gli altri silvicoltori: in tutto sono 45. Andiamo a dormire. Nella taverna tutti veniamo svegliati da urla di dolore: dopo un attimo di smarrimento ci rendiamo conto che Genesio sta chiedendo aiuto. Ci precipitiamo al suo giaciglio e lo vediamo avvinghiato a una ragazza seminuda: è Brun. Barnaba cerca di strappargliela di dosso con la forza ma non ci riesce. Menech cala la sua mazza da guerra sulla fanciulla fracassandole il cranio. Proprio in quel momento entra il locandiere e padre di Brun, armato, che assiste all'uccisione della figlia e stravolto ci minaccia (inspiegabilmente, che avremo mai fatto di male?) e ci accusa di essere davvero noi il male, avendo vita facile anche nel convincere la folla che intanto si sta radunando nella stanza. Menech cerca di abbagliare i presenti col suo anello prezioso e facendo valere il suo rango, ma ce la stiamo vedendo davvero brutta. Mentre ci prepariamo a un inevitabile linciaggio e al martirio sentiamo delle provvidenziali urla provenire dall'esterno: i magiari attaccano il villaggio e mai nessuna incursione fu più provvidenziale! Barnaba approfitta della confusione del momento per precipitarsi all'esterno, portando con se Reginaldo e urlando ai villici di seguirlo per affrontare il nuovo nemico comune. L'espediente riesce e nella stanza rimangono soltanto Menech, Genesio e il padre di Brun, che colmo d'ira omicida si avventa contro il primo. Menech para disperatamente i primi colpi usando la mazza da guerra, mentre Genesio corre a prendere la sua arma per aiutare il confratello. Purtroppo fa in tempo soltanto a vedere Menech che viene decapitato da un colpo vibrato con tutta la forza dall'oste. Genesio lo colpisce al braccio sinistro con la mazza e fugge in strada, dove trova una gran confusione e gli altri che gli rivelano di aver appreso la notizia della fuga del prigioniero. Barnaba torna nella locanda e viene affrontato dall'oste Brufold, che ancora non ha saziato la sua sete di vendetta. I due si scambiano due colpi di mazza senza ferirsi, poi il religioso fugge in strada e raggiunge gli altri alla chiesa dove chiedono asilo a padre Zutto. Dopo qualche tempo tutti vengono scortati al cospetto di Lord Brandt, che nel frattempo ha risolto il presunto attacco magiaro e ha inviato i suoi uomini a recuperare il prigioniero. Arriva anche Brufold, che accusa tutti tranne Oddone e Ucbaldo dell'omicidio della figlia. Oddone, che nel frattempo è stato ragguagliato dagli altri sull'accaduto, racconta la sua versione dei fatti cercando di far ricadere la responsabilità soltanto sull'ormai defunto Menech. Intanto al lord vengono portate le cose rinvenute addosso a Menech, un prezioso anello con sigillo e una pergamena che, a nome del vescovo di Vienna, garantisce al possessore del sigillo di poter disporre dell'esercito del Sacro Romano Impero per combattere i pagani. Lord Brandt si adombra e chiede a Oddone se fosse stato a conoscenza delle prerogative del defunto, ma questi nega. Il lord a questo punto chiede all'oste se voglia un risarcimento oppure giustizia e questi si prende una notte per decidere. Nel frattempo Barnaba, Genesio e Reginaldo vengono scortati nelle segrete ad attendere il giudizio. Oddone e Ucbaldo dormono ancora in chiesa ospiti di Zutto, ma prima il nostro medico esamina il cadavere della fanciulla trovandola illibata e senza alcun altro segno di ferite tranne quella da mazza che ha evidentemente causato il decesso. Zutto firma una pergamena che lo attesta. Mentre gli altri riposano nella cella vengono svegliati da un rumore di catene: un prigioniero molto trascurato viene gettato in prigione. E' Zoltan, il principe magiaro, che è stato di nuovo catturato perché troppo indebolito per fuggire ai mastini. Ci dice che non c'è stato nessun attacco magiaro, ma che l'incendio deve essere stato causato da un Dark, uno Zerch o un Vampyr. Barnaba parla a lungo con lui e scopre che nella sua terra esiste una collina evitata da tutti dove sembra si annidi il male, e che vi venga portata la gente che sparisce. Soltanto Talos, lo "stregone" della sua gente ne sa di più.

sabato 05 novembre 998

Di buon mattino veniamo condotti al cospetto di lord Brandt e Oddone parla in nostra difesa, addossando le colpe dei luttuosi avvenimenti accaduti all'opera del demonio, offrendo aiuto per debellarlo. Brandt si fa pensieroso, e rivela che l'oste ha rinunciato al risarcimento per chiedere giustizia. Il lord è propenso a credere alle nostre parole, anche perché ha ricevuto notizia che durante la notte l'eremo è stato attaccato e distrutto, tutti gli eremiti uccisi. Inoltre le sue guardie gli hanno riferito che una persona che giuravano fosse Brun poco prima dell'alba ha aperto da sola il portone del fortino (servono due uomini robusti) e si è allontanata dall'abitato. Il cadavere della ragazza è scomparso. Il lord ci incarica di indagare e ci rilascia un lasciapassare. Andiamo a parlare con i silvicoltori e scopriamo che sono 44, mentre all'ingresso ne erano stati contati 45: che Kirill sia entrato di nascosto con loro? Andiamo alla fattoria del vecchio Dyke, che ci ragguaglia su superstizioni slave. Quando era giovane ha sentito dai magiari storie analoghe a quelle che gli abbiamo raccontato, relative a persone uccise col ventre esploso. Parlavano di Wampyr, che come vermi passavano da un corpo all'altro. Ci racconta anche delle dame degli alberi temute dai silvicoltori, che si proteggono con dei sigilli sulla corteccia. Per inciso, a Oddone viene in mente che la parola ricordata da Barnaba e Genesio, Acris, significa locusta e gli riporta alla mente il libro dell'apocalisse. Proseguiamo verso l'eremo: è tutto distrutto e incendiato, ci sono buche in terra e tracce di sangue, ma nessun cadavere. All'esterno si è combattuto ma non ci sono tracce degli assalitori. Barnaba entra e trova la biblioteca incendiata e i libri irrecuperabili. Il soffitto è in parte crollato. Avverte un gran mal di testa e qualcosa che si muove fra le macerie, così esce all'aria aperta e il dolore passa. Reginaldo entra a sua volta e anche lui è colpito da mal di testa. Quando il dolore passa rientriamo tutti insieme: le macerie sono smosse rispetto a prima, ma non c'è anima viva. Ci dirigiamo alle baracche dei silvicoltori ma non troviamo nulla di significativo se escludiamo tre lupi che sembrano guardarci con coscienza. Se ne vanno improvvisamente come sono arrivati. Lungo la strada del ritorno per un lungo tratto odiamo un ronzio fastidioso nelle orecchie che non riusciamo a spiegare. Gli alberi non sono segnati col sigillo. Recuperiamo l'equipaggiamento e i due muli, usciamo dal forte dove l'aria per noi si è fatta pesante e dormiamo all'esterno.

domenica 06 novembre 998

All'alba, dopo le preghiere del mattino, facciamo il punto della situazione e decidiamo di rischiare e inoltrarci in territorio magiaro. Ci accampiamo soltanto la sera, razionando le poche provviste, fra ululati lunghi e lamentosi che si rincorrono nella notte. Facciamo dei turni di guardia, ma Genesio è vinto dalla stanchezza e si addormenta. Nel cuore della notte viene svegliato da un rumore: un orso sta razziando le nostre provviste. Ci sveglia e dopo un tentativo fallito di recuperare almeno i muli, che fuggono nella notte, ci allontaniamo dal campo più silenziosamente possibile per riposare soltanto al mattino, in una radura. Adesso non abbiamo più cibo. Alla sera, prima di accamparci di nuovo, mangiamo delle bacche trovare da Ucbaldo lungo il sentiero, che provocano dei forti dolori di stomaco a tutti tranne Barnaba.

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